L’autostima si riferisce alla valutazione soggettiva di un individuo rispetto al suo valore in quanto persona. È importante sottolineare che quest’ultima non riflette necessariamente né talenti e capacità oggettive della persona, né come essa viene valutata da altri. Inoltre, l’autostima viene concettualizzata come “feeling that one is good enough”, ovvero “sentire di essere abbastanza ok”. Per questo individui con alti livelli di autostima non si credono necessariamente superiori ad altri.
L’autostima è tutta una questione di come percepiamo e valorizziamo noi stessi e può avere un enorme impatto sulla nostra vita. Ma cos’è nello specifico la “fiducia in sé stessi o autostima”? Come potremmo descriverla? Una definizione potrebbe essere “avere fiducia nelle proprie capacità”, “avere fede in sé stessi”, “essere sicuri di sé stessi”. Ad ogni modo l’autostima è un concetto di complicato da definire, e dal momento che differisce da persona a persona può essere riassunto come “il modo in cui percepiamo noi stessi” in relazione alle cose che vogliamo fare o alla nostra persona. Avrete notato che la nostra autostima varia di giorno in giorno e da situazione a situazione. In alcuni ambiti ci sentiamo più sicuri di noi, ma in altri può capitare di sperimentare la sensazione opposta! Inoltre, se ci facciamo caso, possiamo notare come in due situazioni apparentemente simili i nostri livelli di autostima variano anche notevolmente. Di fronte a questa realtà si può provare sconcerto e frustrazione. Una cosa è certa: la fiducia in sé stessi influenza molto la vita che conduciamo (Welford, 2013).
Di fronte a questa osservazione, molti psicologi si sono chiesti come si sviluppa e da dove deriva l’autostima. Alcuni studi hanno messo in luce che l’autostima correla con il modo in cui abbiamo fatto esperienza delle relazioni di accudimento durante l’infanzia. Un attaccamento sicuro, caratterizzato dalla fiducia nei confronti dell’altro e da una sana dipendenza da lui, sono il terreno ideale per lo sviluppo dell’autostima. Invece altre situazioni, come abusi, distacco emotivo, presenza nei caregiver di patologie psicologiche come la depressione, sembrano boicottare l’autostima.
Ognuno di noi parla a se stesso, di fronte alle situazioni difficili, nello stesso modo in cui i suoi genitori o le figure di riferimento, gli parlavano quando era piccolo. Così, aver avuto un genitore incoraggiante, comprensivo e premuroso predispone allo sviluppo di un tono di voce interno con queste stesse caratteristiche quando si è adulti. È facile intuire che un tono di questo tipo correla con l’autostima. Invece, aver avuto una figura di riferimento molto giudicante, critica, talvolta violenta, correla con l’interiorizzare questo stile nei propri confronti. Le persone che si rivolgono a se stesse di fronte alle difficoltà con questo stile, spesso sono quelle con l’autostima più bassa.
Immagina di imparare a guidare dicendoti costantemente “Non ci riuscirò mai…sono una frana…l’istruttore non mi dice quanto sono imbranato, perché vuole la sua paga.” Questo modo di pensare non può che indebolirti e farti percepire maggiore ansia. Al contrario, supponi di pensare “È perfettamente normale sentirsi ansiosi, sbagliare le marce le prime volte, urtare contro il marciapiede e avere macchine che suonano il clacson dietro di me quando mi si spegne il motore. Sto imparando solo ora, dopo tutto sono uno studente.” Immagina di visualizzare quello scenario con un senso di coraggio, accettazione ed empatia per la tua situazione. Se così fosse, saresti molto più propenso a cavalcare con successo gli alti e bassi del processo di apprendimento (Welford, 2013) .
Sicuramente non si può intervenire sul passato, ma gli psicologi hanno studiato come intervenire sul modo con cui le persone si rivolgono a se stesse dentro la loro mente, cioè sul loro dialogo interno.
Andando ad esaminare nel dettaglio com’è lo stile di pensiero delle persone con bassa autostima, si possono individuare alcuni elementi comuni. La prima caratteristica è la presenza del perfezionismo, vale a dire la tendenza a non accontentarsi e a porsi standard alti, a volte irraggiungibili. Il perfezionismo si accompagna con l’autocritica e con il giudicare severamente se stessi ogni volta che gli alti standard che ci si è autoimposti non sono rispettati. Sia il perfezionismo che l’autocritica sembrano essere legati alla vergogna, un’emozione sociale che nasce dal sentirsi inadeguati, diversi, fuori luogo e che ci porta al ritiro sociale, al nasconderci e all’allontanarci dagli altri. La vergogna a volte può essere esterna, vale a dire che ci preoccupiamo per come le altre persone potrebbero giudicarci. Altre volte la vergogna può essere interna e ha origine dalla credenza che ciò che pensiamo o proviamo sia sbagliato e inaccettabile.
Paul Gilbert, uno psicoterapeuta inglese, si è occupato proprio della relazione tra vergogna e autocritica, mettendo in luce come si alimentano a vicenda. Il primo passo per scardinare la vergogna e l’autocritica è esserne consapevoli. Spesso, infatti, siamo così un tutt’uno con il nostro modo di pensare che non ci accorgiamo neanche di quanto ci giudichiamo e di quanto sappiamo essere duri con noi stessi.
A questo scopo puoi provare il prossimo esercizio.
Ripensa a una recente occasione in cui sei stato critico con te stesso e con i tuoi sforzi. Puoi focalizzarti su qualcosa che hai trovato difficile sul lavoro, un momento in cui hai perso le chiavi o il portafoglio o quando hai fatto un errore.
Una volta che hai messo a fuoco una situazione, immagina che la parte critica di te possa essere vista come una persona. Ora rispondi alle seguenti domande:
Parte 1
1) Se i tuoi pensieri autocritici assumessero l’aspetto di una persona reale, come sarebbe quella persona?
2) Quale sarebbe la sua espressione facciale?
3) Lui o lei è fisicamente grande o piccolo rispetto a te?
4) Com’è il suo tono di voce?
5) Se riesci a immaginare un corpo, come sono la postura e la forma?
6) Quali emozioni esprime verso di te?
7) Ti ricorda qualcuno?
Spesso quando osserviamo in dettaglio la parte autocritica di noi stessi, scopriamo che è associata a sentimenti di frustrazione, disprezzo e rabbia. Potremmo scoprire che la parte autocritica è una figura che incombe o un piccolo mostriciattolo che agita il dito in costante rimprovero. Spesso il suo tono di voce è ostile. Questo esercizio può evocare ricordi o immagini di qualcuno del passato, qualcuno che era critico nei tuoi confronti e nei confronti dei tuoi sforzi.
Parte 2
Ora, proviamo a comprendere a cosa serve l’autocritica, la sua funzione. Diamo un’occhiata ad alcune domande qui sotto, tratte da The Functions of Self – Criticism Scale, una misura sviluppata da Paul Gilbert e colleghi. Il questionario misura due diverse funzioni dell’autocritica: correggersi/migliorare, e perseguitare/punire. Nella tabella qui sotto abbiamo riportato alcuni esempi delle due funzioni del sé critico.
Divento critico e arrabbiato con me stesso: | Sì | No |
Per essere sicuro di mantenere i miei standard.
Per frenare l’essere felice. Perché dò importanza ai miei errori. Perché se mi punisco mi sento meglio. Per smetterla di essere pigro. Per ferire parte di me stesso. Per tenermi sotto controllo. Per punirmi dei miei errori. Per impedirmi di essere troppo sicuro di me. Per impedirmi di essere arrabbiato con gli altri. Per concentrarmi. Per ottenere rassicurazione dagli altri. Per prevenire figuracce. |
Dopo che hai completato il questionario qui sopra, quale pensi potrebbe essere la funzione, o il ruolo, del tuo sé critico?
Ora è tempo di riflettere. Che cosa hai scoperto?
Qualunque cosa tu abbia notato nell’esercizio precedente, qualunque cosa sia alla base della tua bassa autostima o della tua alta autocritica, ricorda: non è colpa tua.
Non hai scelto dove e quando nascere, non hai scelto le caratteristiche del tuo corpo o del tuo sesso, non hai scelto chi avresti incontrato durante la tua vita. Così, senza volerlo, dentro di te si sono accumulate esperienze, alcune positive, altre spiacevoli, distruttive e che probabilmente comportano molta sofferenza. Tuttavia, anche se può sembrare che non abbiamo alcun controllo su tutto ciò che influenza veramente la nostra vita, c’è qualcosa che siamo noi a decidere, vale a dire in che direzione andare. Per capire questo concetto, ti proponiamo questo esercizio, una variante proposta da Tirch (2012) della classica metafora dell’ACT “Passeggeri sull’autobus” (Hayes et al., 1999), che aiuta le persone a riconnettersi con i loro valori fondamentali e a notare come nessuno è responsabile di molte esperienze spiacevoli che accadono dentro di sé.
Iniziamo questo esercizio immaginando che tu sia un autista di autobus che rappresenta la tua vita. Lo guidi nella direzione che rappresenta gli scopi preziosi che desideri raggiungere e che sei proprio intenzionato a raggiungere.
Come ogni autista, sei obbligato a fermarti lungo la strada per raccogliere i passeggeri. Tuttavia, certi passeggeri sono difficili da gestire: sono i bambini più indisciplinati e aggressivi che tu abbia mai incontrato. Ognuno di questi rappresenta una difficoltà, un pensiero ansioso o un sentimento difficile. Alcuni dei bambini potrebbero rappresentare l’autocritica, altri potrebbero essere il panico e il terrore, altri ancora potrebbero rappresentare l’ansia e la paura. Essi ti insultano e sporcano dappertutto. Puoi sentirli mentre ti dicono “Sei un perdente! Perché non ti arrendi? Sei senza speranza. Non ci arriverai mai!” Un altro grida: “Ferma l’autobus! Non arriverà mai da nessuna parte!”
Se fermassi l’autobus per rimproverare e punire i bambini o per cacciarli giù, non ti potresti più muovere nella direzione che è importante per te. Se provassi un tragitto diverso, i bambini si calmerebbero un po’ e si tranquillizzerebbero, ma anche questo è una deviazione dal vivere la tua vita nel modo che ti porterebbe a realizzare le tue libere scelte, i tuoi obiettivi preziosi.
Restare occupato a pensare a strategie o argomenti con cui affrontare i bambini ribelli sull’autobus, ti fa perdere tempo ed energia. Alla fine dei conti, non puoi cacciarli via e non puoi fermarli, perché ogni bambino rappresenta una parte del tuo cervello molto complicato, un cervello che si è evoluto lungo milioni di anni per rispondere in modo ansioso, arrabbiato e confuso alle difficoltà dell’ambiente.
L’unico modo per gestire la situazione è ri-centrarti sulla tua direzione, riconoscendo che non è colpa tua se questi pensieri dolorosi, queste emozioni e queste esperienze arrivano nella tua mente. Avere la vita che vuoi non ha a che fare con i passeggeri che ci sono nel tuo autobus, ma con la tua capacità di rimanere concentrato sulla tua direzione, apprezzando il viaggio, senza farti influenzare dalle loro voci.
Cosa vogliamo dire con questa metafora? Che spesso gli sforzi che facciamo per essere “perfetti”, o perfettamente a nostro agio dentro noi stessi, sono inutili e ci allontanano da ciò che è importante per noi, alimentando il senso di insoddisfazione e rabbia verso noi stessi.
Quindi il primo passo per lavorare sulla tua autostima è:
Abbandonare l’idea di liberarti delle parti di te che non ti piacciono.
Il secondo passo è sviluppare delle capacità che possono aiutarti a avere un atteggiamento utile ad affrontare le difficoltà. Ora, ti insegneremo ad allenare queste qualità attraverso la mindfulness e la compassione.
Quelle voci ostili e quei passeggeri scomodi che, chi più chi meno, abbiamo dentro la nostra testa sono l’esito dell’evoluzione del nostro cervello e in particolare della straordinaria capacità di pensare al passato, al presente e al futuro. Questo è stato estremamente importante per la nostra sopravvivenza perché ci ha permesso di condividere conoscenza, di organizzarci, di pianificare, di comprendere. Sfortunatamente, tuttavia, questa capacità ha un costo: possiamo trovarci a rimuginare su situazioni passate e immaginare catastrofi in futuro. Inoltre, la nostra mente può anche modellare una versione di noi stessi ideale, e poi confrontarla con la versione reale, imperfetta, criticandola e giudicandola aspramente.
Quindi, come possiamo concedere una pausa alla nostra mente e smettere di lasciarci prendere dal dramma apparentemente infinito che si svolge nella nostra testa? Un approccio che molte persone hanno trovato utile ha avuto origine nelle tradizioni religiose orientali: la mindfulness. Più recentemente, la mindfulness è stata sviluppata in Occidente da Jon Kabat-Zinn come pratica per promuovere il benessere. Praticare la mindfulness ha aiutato una vasta gamma di persone, da coloro che si considerano psicologicamente sane a quelle che si identificano come affette da ansia e depressione, tra le altre difficoltà. La pratica della mindfulness implica portare l’attenzione al momento presente, con curiosità e senza giudizio. Ciò può comportare prestare attenzione alle cose che accadono intorno a te o ai pensieri che passano nella tua mente. La pratica mira ad aiutarti:
– a rallentare;
– a stare nel momento presente;
– a diventare più consapevole di ciò che accade nella tua mente;
– a scegliere in base a ciò che è importante per te, invece di lasciare che il pilota automatico scelga al posto tuo.
In definitiva, ti aiuta a sentirti meglio e a fare delle scelte migliori limitando l’influenza di pensieri e sentimenti automatici.
Qui di seguito ti suggeriamo di provare un paio di esercizi di Mindfulness. Puoi trovare a seguire le istruzioni descritte, oppure può esserti utile scaricare le tracce audio che trovi a questo link.
Il seguente esercizio potrebbe aiutarti nella pratica della consapevolezza. Molte persone trovano particolarmente utile concentrarsi sulla respirazione come pratica di mindfulness. Questo esercizio è spesso associato a un rallentamento della respirazione. Per alcuni, si tratta di notare come il respiro influenza una parte del corpo, come la pancia, il naso o il torace; per altri, implica concentrarsi da qualche altra parte o su una combinazione di queste cose.
Inizia trovando un posto che sia, per quanto possibile, libero da grandi distrazioni, da qualche parte in cui puoi rimanere tranquillo per dieci o quindici minuti. È utile, se riesci, chiudere gli occhi per fare l’esercizio, ma puoi anche tenere lo sguardo su un punto fisso in basso.
Siediti in silenzio per un momento e porta la tua attenzione al respiro. Sii consapevole dell’aria che entra nel tuo corpo, lentamente e in modo uniforme, attraverso il naso, la gola e arriva nel petto, che si espande e poi segui l’aria che esce dal tuo corpo. Ascolta questo flusso, momento dopo momento, per qualche minuto e quando ti distrai, semplicemente torna sul tuo respiro.
Quando sei pronto, porta delicatamente a termine l’esercizio.
Auto-riflessione: Cosa hai notato durante questo esercizio? Quali insegnamenti hai ricavato da esso su come funziona la nostra attenzione?
Questa tecnica di respiro è una variante del precedente. In parte l’esercizio deriva da elementi della meditazione e della concentrazione Buddista e dalla meditazione della mindfulness, con degli adattamenti per creare una forma comprensibile concisa e chiara che sia funzionale al contesto della psicoterapia. La meditazione è un invito a trovare un momento di tranquillità durante l’esperienza della respirazione dal quale è possibile osservare il viavai della mente. Questa tranquillità comporta l’attivazione del sistema nervoso parasimpatico e dell’effetto calmante e rilassante. Esercizi simili sono parte della mindfulness classica (Rapgay & Bystrisky, 2009), della meditazione tibetana samatha e della meditazione Zen.
Sotto riportiamo le istruzioni per la respirazione ritmica calmante (adattata da Tirch, 2012).
Trova una posizione comoda, dove puoi appoggiare entrambi i piedi sul pavimento e lasciare che la tua schiena assuma una posizione dritta ma rilassata. Sentiti comodo e stabile più che puoi durante l’esperienza. Quando sei pronto, chiudi gli occhi e assumi un’espressione facciale gentile o rilassata, magari sorridendo leggermente. Inizia a dirigere la tua attenzione al leggero flusso del respiro dentro e fuori dal corpo. Percepisci la tua connessione con il respiro mentre inspiri ed espiri. Mantieni l’attenzione meglio che puoi sul respiro con una disposizione mentale gentile e comprensiva, senza cercare di cambiare o correggere qualcosa, ma semplicemente rimanendo in contatto con l’atto della respirazione.
Non appena inizi a rendere più intensa la tua consapevolezza del flusso del respiro, ascolta il tuo respiro scendere nella tua pancia, prestando attenzione al tuo addome e al tuo petto che si alzano e si abbassano. Lascia, meglio che puoi, che l’aria raggiunga il fondo dei tuoi polmoni. Quando espiri nota il tuo addome che si abbassa o che lievemente si contrae. Percepisci i muscoli sotto la gabbia toracica muoversi ad ogni respiro. Mentre osservi la tua pancia che si alza e si abbassa, lascia che il tuo respiro trovi il suo ritmo e il suo andamento, semplicemente lasciando che il respiro si diffonda e dandogli modo di trovare il proprio ritmo, momento dopo momento. Ad ogni inspirazione presta attenzione al corpo e ad ogni espirazione percepisci il tuo intero corpo che si lascia andare.
Ora estendi e prolunga l’espirazione e lascia che il respiro si sintonizzi su un ritmo lento e calmo. Inspira per tre secondi, soffermati per un momento, quindi espira per altri tre secondi e fermati ancora un poco. Se sei in grado, prolunga questo ritmo per quattro secondi per ogni inspirazione ed ogni espirazione, e poi ad un ritmo di 5 secondi. Mantieni questo ritmo con dolcezza, usandolo come guida e come ritmo. Ogni volta che la tua mente si allontana verso pensieri, immagini o distrazioni, dolcemente ricordati che questa è la natura della nostra mente; subito dopo l’ultima inspirazione, riporta l’attenzione verso questo ritmo calmante del respiro.
Rimani con l’attenzione rivolta a questo ritmo calmante del tuo respiro, più che puoi, sentendo ogni inalazione scendere lungo i polmoni, notando l’addome che si alza e si abbassa e avendo la percezione del rilascio dell’aria durante l’espirazione.
Dopo aver esercitato questo tipo di respirazione con un ritmo calmo e lento per alcuni minuti, permetti a te stesso di notare quando sei pronto a portare a termine questo esercizio. Quindi espira e lascia andare questo esercizio completamente. Quando sei pronto, riporta la tua consapevolezza verso il tuo ambiente vicino, aprendo gli occhi e ritornando alla tua esperienza presente.
Auto-riflessione: Cosa hai notato nel provare a praticare il ritmo respiratorio calmante? Cos’hai notato? Hai colto qualche differenza rispetto al respiro mindful che abbiamo provato prima?
Se puoi, pratica questo esercizio per cinque – dieci minuti al giorno. Se ti sembrano troppi, all’inizio sono sufficienti anche uno o due minuti. Prova a prolungare gradualmente la durata della pratica.
La pratica della respirazione ritmica calmante ti aiuta ad accedere ad un particolare stato corporeo e mentale in preparazione ad affrontare le sfide della vita. In questo contesto, il concetto di “calmante” si riferisce all’esperienza di centralità, di preparazione e di consapevolezza dell’attenzione che si sviluppa a partire dall’attivazione delle emozioni affiliative e delle esperienze di un attaccamento sicuro.
Nei due brevi esercizi di Mindfulness che abbiamo visto, abbiamo provato a:
Tuttavia, quando le cose si mettono male e siamo in difficoltà, non è sufficiente osservare ciò che accade dentro di noi, ma diventa importante anche prenderci attivamente cura di questo dolore per poterlo calmare e gestire. Relazionarsi col dolore è un’abilità che si sviluppa con la compassione.
Che cos’è la compassione? La definizione più semplice è una sensibilità al dolore, sia esso psicologico o fisico, unita alla motivazione e all’impegno genuino per alleviarlo. L’auto-compassione altro non è che la compassione rivolta verso il proprio dolore anziché quello di altri.
Auto-compassione non significa sedersi in una vasca da bagno circondati da candele, comprarsi dei fiori o concedersi qualcosa di delizioso da mangiare, per consolarsi e auto commiserarsi per aver scelto di rinunciare a qualcosa di importante perché ci metteva ansia! Al contrario, l‘auto-compassione consiste nel riconoscere quando siamo in difficoltà e trovare dentro di noi la forza e il coraggio per fare ciò che è importante, passo dopo passo. In quanto tale, può comportare l’affrontare una situazione specifica nonostante i livelli elevati di ansia, oppure concedersi di piangere o arrabbiarsi per qualcosa che è accaduto, perché se ne ha bisogno.
L’auto-compassione è una grande alleata nell’aiutarci a costruire la fiducia in noi stessi, anche mentre sperimentiamo ansia e/o incertezza, situazioni che normalmente minano questa fiducia attraverso sensazioni spiacevoli o pensieri giudicanti (Welford, 2013).
Un modo semplice per prenderti cura di te stesso e confortarti quando ti senti male è darti un tocco di supporto. Il tocco attiva il sistema di cura e il sistema nervoso parasimpatico per aiutarci a calmarci e sentirci al sicuro. All’inizio può sembrare imbarazzante, ma il tuo corpo non percepisce questa sensazione. Risponde solo al gesto fisico di calore e cura, proprio come un bambino risponde a essere coccolato tra le braccia di sua madre. La nostra pelle è un organo incredibilmente sensibile. La ricerca indica che il tocco fisico rilascia ossitocina, fornisce un senso di sicurezza, calma le emozioni angoscianti e calma lo stress cardiovascolare. Allora perché non provarlo? Potresti provare a mettere la mano sul tuo corpo durante i momenti difficili, più volte al giorno, per un periodo di almeno una settimana.
Mano sul cuore
Sentiti libero di esplorare dove sul tuo corpo un tocco delicato è effettivamente lenitivo. Altre possibilità posso essere:
Attraverso questi esercizi si può iniziare a sviluppare l’abitudine di confortarsi fisicamente quando necessario, sfruttando appieno questo modo sorprendentemente semplice e diretto per essere gentile con noi stessi.
Auto-riflessione: Che effetto ti ha fatto usare un tocco gentile? Ti ha aiutato a gestire i sentimenti difficili o è stato una fonte di distrazione?
La compassione ha alcune importanti qualità, come la comprensione e il non giudizio, la gentilezza e la motivazione ad alleviare il dolore, la forza e il coraggio di tollerare il dolore. L’auto-compassione implica lo sperimentare questi attributi in relazione a te stesso e alle tue esperienze.
La compassione ci aiuta a donare a noi stessi ciò di cui abbiamo bisogno quando siamo in difficoltà. È come se potessimo modellare un amico affettuoso, saggio, coraggioso e averlo sempre con noi, pronto a posare la sua mano sulla nostra spalla e a dirci “Sono con te, so che ce la puoi fare”. La compassione quindi non riguarda solo riuscire a tollerare i sentimenti di frustrazione e sofferenza, ma anche aiutarci a fare scelte coraggiose e sagge, per andare verso la direzione che per noi è importante.
A questo scopo, in questo esercizio vedrai come sviluppare il tuo sé compassionevole, che, al contrario del sé critico di cui abbiamo parlato prima, non sarà giudicante o ostile, ma ti aiuterà a essere comprensivo e gentile con te stesso, dandoti la forza di affrontare le situazioni importanti e aiutandoti a sentirti più sicuro anche nella vita di tutti i giorni.
Puoi sviluppare un’immagine mentale molto dettagliata del tuo sé compassionevole che abbia la qualità di un cartone animato o di una fotografia. In alternativa, il tuo sé compassionevole può essere solo un’impressione nebulosa. Non importa quale tipo di immagine sviluppi, ciò che è più importante sono le qualità che vuoi possieda il tuo sé compassionevole, come ti parla e come ti senti in sua presenza.
Questo esercizio ti aiuterà ad immaginare te stesso in un modo completamente diverso da quello che potrebbe esserti familiare. È come se tu fossi un attore che sta provando un ruolo in una rappresentazione o in un film. Questo implica il creare una personificazione del tuo Sé compassionevole, che incontrerai e che sarà felice di vederti.
Prenditi del tempo per pensare alle qualità del tuo Sé compassionevole e prova a scrivere le qualità che idealmente ti piacerebbe avere se fossi calmo, sicuro di te stesso e compassionevole.
Questo è il tuo modo di esplorare, quindi sentiti libero di esplorare e di raffigurarti un’immagine qualsiasi del tuo Sé compassionevole e abbelliscila come preferisci.
Ora metteremo in atto una visualizzazione utilizzando il Sé compassionevole che hai identificato e descritto. Lascia che i tuoi occhi si chiudano, quindi porta parte della tua attenzione alla pianta dei tuoi piedi mentre sono appoggiati al pavimento e alla tua parte del corpo appoggiata alla sedia o al cuscino. Lascia che la tua schiena trovi una posizione dritta e ben appoggiata. Poi, dirigi parte della tua attenzione al flusso del tuo respiro dentro e fuori dal tuo corpo, quindi lascia che trovi un ritmo lento e calmante. Ascoltati mentre inspiri ed espiri. Continua a respirare in questo modo fino a quando non hai raccolto la tua attenzione e non ti senti concentrato sul momento presente.
Ora riprendi le qualità del tuo Sé compassionevole che hai scritto e immagina di avere già quelle qualità. Inspira mentre senti di avere quella saggezza, ed espira sapendo che tu sei parte dello scorrere della vita sulla terra, con una mente e con una storia personale che non facevano parte dei tuoi progetti o delle tue scelte. Inspira ed immagina te stesso forte e capace di tollerare le difficoltà mentre affronti le tue paure, quindi espira. Ogni volta che inspiri, senti di avere quelle qualità che hai scritto. Prova ad essere come hai detto, con un obiettivo completamente diretto ad alleviare le sofferenze che incontri.
Mentre segui il flusso del tuo respiro dentro e fuori dal tuo corpo, senti il tuo peso sulla sedia e radicato sulla terra. La tua saggezza, la tua forza, e i tuoi impegni sono tutti presenti. Immagina di essere una persona completamente non giudicante, che non condanna se stessa o gli altri per le proprie colpe. Prova a portare alla mente quei dettagli sensoriali che hai notato nel tuo Sé compassionevole.
Mentre inspiri, porta attenzione al tuo corpo, immagina di aprirti e di accogliere la tua abilità nell’essere saggio, gentile e forte.
Per i minuti successivi, mentre inspiri ed espiri, continua ad immaginare di essere quel Sé compassionevole che hai descritto.
Se la tua mente si perde in altri pensieri, come accade così spesso in ciascuno di noi, usa la tua successiva inspirazione per riportare gentilmente l’attenzione a questa immagine del Sé compassionevole. Per i seguenti minuti, continua a portare un’attenzione consapevole al Sé compassionevole, ritornando e rifocalizzando l’attenzione quando necessario.
Quando ti senti pronto, con la prossima espirazione naturale, lascia andare semplicemente questo esercizio. Inspira di nuovo e con la seguente espirazione, ritorna con la consapevolezza all’ambiente circostante. Prenditi un momento per riconoscere gli sforzi che hai fatto durante questo esercizio. Poi riporta completamente la tua attenzione all’ambiente circostante.
Auto-riflessione: Cosa hai notato durante questo esercizio? Sei riuscito a connetterti di più con alcune parti del tuo sé compassionevole, rispetto ad altre? Se così fosse, con quali parti è stato più semplice/difficile sintonizzarti?
I tre attributi specifici che riteniamo essere fondamentali per riuscire a sviluppare il sé compassionevole sono:
Man mano che pratichi questi esercizi e acquisisci una maggiore sicurezza nel connetterti con il tuo sé compassionevole, puoi iniziare a usare questa versione di te per affrontare vari aspetti della tua vita.
Arrivati a questo punto, dovremmo essere in grado di:
L’ultimo passo che vogliamo accompagnarti a fare per lo scopo di questo articolo, è rivolgere questo stesso sguardo compassionevole alla parte di te fragile che tendi a criticare. È molto probabile che sia proprio la lotta continua contro questa parte di te a innescare vergogna e a minacciare la tua autostima.
PRIMA PARTE
Ognuno di noi ha dei lati di sé che non gli piacciono; a volte questo causa vergogna, insicurezza o la credenza di non essere “abbastanza”. È umano essere imperfetti e i sentimenti di fallimento e inadeguatezza sono parte dell’esperienza del vivere. Prova a pensare a cosa tende a farti sentire inadeguato o a farti vergognare di te stesso (aspetto fisico, problemi a lavoro o nelle relazioni, …). Come questi aspetti di te stesso ti fanno sentire dentro? Spaventato, triste, depresso, insicuro, arrabbiato? Quali emozioni emergono quando pensi a questo aspetto di te stesso? Per favore, prova ad essere il più onesto possibile riguardo alle tue emozioni ed evita di sopprimere i tuoi sentimenti, allo stesso tempo cercando di non essere patetico. Prova giusto a sentire le tue emozioni esattamente per quello che sono- né più, né meno.
SECONDA PARTE
Dopo aver assunto una postura comoda e sostenuta, chiudi gli occhi. Inizia a sentire il tuo corpo appoggiato per terra e a respirare. Dopo aver fissato la tua consapevolezza e focalizzato la tua attenzione sul tuo respiro, rallenta il tuo respiro e rendi uniformi le inspirazioni e le espirazioni, utilizzando brevemente la Respirazione Ritmica Calmante.
Quando sei pronto, riporta alla mente l’immagine del tuo Sé compassionevole. Focalizzati sulle qualità di questo Sé, forse utilizzando calore rassicurante, saggezza e forza. Potresti assumere sul tuo volto un’espressione facciale amichevole accennando un sorriso mentre immagini le caratteristiche del tuo Sé compassionevole. Se sei disponibile, metti una o tutte e due le mani sul cuore e rimani in questa posizione per tutta la visualizzazione che segue, portando un’attenzione consapevole alle sensazioni fisiche e di calore di questo gesto suscita mentre immagini il tuo Sé compassionevole.
Quando senti di essere connesso al tuo Sé compassionevole, e quando ti senti pronto, porta l’attenzione alla parte di te fragile, di cui ti vergogni e che hai descritto nella prima parte dell’esercizio. Prova a vedere se riesci a guardare questa parte di te dalla prospettiva del tuo Sé compassionevole, comprendendo la storia della tua vita e i milioni di cose che sono successe negli anni e che hanno contribuito a renderti ciò che sei in questo momento. La tua particolare inadeguatezza è connessa a così tante cose che non hai scelto: i tuoi geni, la storia della tua famiglia, le circostanze di vita: cose che erano fuori dal tuo controllo.
Poi, porta calore alla parte debole di te, mostrando gentilezza e interesse. Mentre porti alla mente il desiderio di essere lì per questa parte di te in modo da esserle d’aiuto, considera di che cosa ha più bisogno questa parte di te contro cui si accanisce il tuo sé critico. Come puoi supportare questa parte di te?
Poi riporta la tua consapevolezza al respiro e alla sensazione delle tue mani sul cuore.
Prima di riaprire gli occhi, prova a notare i sentimenti o le esperienze che potrebbero essere sorte durante la visualizzazione. Porta l’attenzione su come ti senti fisicamente ed emotivamente, o su qualsiasi cosa particolarmente importante o piena di significato si sia presentata.
Ora riporta l’attenzione al flusso del tuo respiro ancora una volta. Con la prossima espirazione, lascia che le tue mani si appoggino dolcemente sulla tua pancia. Poi espira e lascia andare completamente questo esercizio. Ritorna con l’attenzione al tuo ambiente circostante, apri gli occhi e sistemati comodamente o stiracchiati se ne senti il bisogno.
Eccoci arrivati alla fine di questo viaggio insieme. Ci auguriamo che gli esercizi che ti abbiamo proposto ti abbiano aiutato a relazionarti con te stesso in modo diverso, per porre fine alla guerra che c’è dentro di te e, nella pace, mettere le basi per sviluppare coraggio, gentilezza, saggezza. Ci complimentiamo con te per essere qui, e ricorda che è normale e fa parte del viaggio incontrare ostacoli, frustrazione e lotte – tutto ciò è parte della vita e di cosa significa essere umani. Ricorda, non sei solo e se qualche esercizio ti è risultato complicato o difficile, non significa che non c’è speranza, ma che forse hai semplicemente bisogno di un sostegno.
Ti auguriamo di continuare a focalizzarti sull’essere la migliore versione di te stesso, saggio, forte e impegnato.
Buona fortuna, e auguri compassionevoli!
Laura Casetta, Valeria Basile, Giulia Ponzin
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