Manuel J. Smith, psicologo clinico-sperimentale, scrive nel 1975 un libro leggendario che venderà poi due milioni di copie: il titolo, When I Say No, I Feel Guilty, dice già tutto. Il cuore dell’opera è una teoria dei diritti, espressa in dieci punti, basata su due elementi chiave: la capacità di esprimere il proprio volere in modo garbato, chiaro e deciso, e quella di resistere alle manipolazioni esterne.
Le tappe della vita di MANUEL J. SMITH:
Bibliografia italiana di Manuel J.Smith:
Nella nostra ricerca sugli scritti di Manuel J.Smith, si trovano solo i libri in lingue; inglese, russo, spanialo e tedesco e neanche uno in italiano. Purtroppo se non si è a conoscenza della lingua inglese o di altre lingue, non si può avere la fortuna di apprendere da un maestro come Manuel J.Smith, il primo a sviluppare i diritti assertivi. Il modo per conoscere il suo lavoro per noi italiani è passare per altre fonti come Anchisi & Gambotto Dessy (2013).
Le fondamenta dei dieci diritti si basano sull’onestà verso noi stessi, sulla comprensione dei desideri e delle esigenze dell’altro (“Capisco che tu abbia bisogno di aiuto…”) ma anche sul riconoscimento del nostro volere e sul coraggio di esprimerlo (“…ma purtroppo oggi non posso aiutarti.”), sempre esprimendosi nel rispetto degli altri, con educazione, con delicatezza, ma senza cedere ai tentativi (consapevoli o no) di manipolazione.
I diretti assertivi possono aiutarci a regolare i rapporti interpersonali, seguendo dei criteri di giustizia, ripristinano l’uguaglianza tra le persone, ricordandoci che valgono per noi quanto per gli altri, infine ci guidano nel riuscire a dire di NO.
Smith declina tutti i diritti da questo primo diritto, cardine perché è il principio generale da cui comprendere come gestire le nostre emozioni quando siamo in relazione con gli altri.
Nessuno è dentro la nostra testa, quindi nessuno può conoscere il vero motivo delle nostre scelte, queste spettano a noi. Immaginate una situazione in cui si dice una bugia a fin di bene. Chi sa se è stata detta a fin di bene? Solo chi l’ha detta, esternamente potrebbe essere vista solo la bugia.
Chi c’è dentro alla nostra testa? Chi conosce la nostra storia? Quanto è complesso spiegare tutto questo? A volte neanche noi conosciamo fino in fondo tutto il processo decisionale, tecnicamente non siamo consapevoli di tutto. Grazie a queste considerazioni possiamo avvalerci del diritto di non giustificare il nostro comportamento, tanto più se la richiesta non è nella direzione di una maggiore comprensione nei nostri confronti. Facilmente le domande sulle spiegazioni sono guidate dal metterci nel banco degli imputati, ma se questo è l’obiettivo, diventa fondamentale ricordarci che non siamo davanti a un giudice e quindi non siamo obbligati a difenderci.
Nell’esperienza di ognuno di noi c’è l’empatizzare con l’altro,soprattutto se è una figura importante per noi, come un partner, un figlio o un genitore. Questo però può tentare l’altro di provare a intrappolarci. Gli esempi sono infiniti, uno potrebbe essere: “Sarebbe bellissimo se ogni sera mi baciassi”. Una risposta assertiva a questa affermazione potrebbe essere: “se pensi veramente che questa sia l’unica cosa bellissima quando è sera? Se non riusciamo a trovare altre strade a questa richiesta, forse dovremmo considerare la possibilità che le sere non saranno bellissime”.
Smith (1975) scrive: “noi cambiamo idea; noi decidiamo il modo migliore di fare le cose, cambiamo anche le cose che abbiamo fatto; i nostri interessi cambiano con le condizioni e il passare del tempo”. Oggi diremo che molto del lavoro della psicologia è rendere la mente flessibile, quale il miglior indicatore di questo se non cambiare idea? E stiamo parlando di cambiare strada nel rispondere a tutte quelle persone che provano a manipolarci chiedendoci di dover pensare o fare le cose sempre nello stesso modo. Le richieste di essere rigidi non hanno a che fare con la crescita personale.
Spesso abbiamo una storia in cui i nostri errori sono stati usati per criticarci e per dirci che eravamo sbagliati, ma questa non è la realtà. La conoscenza passa per gli sbagli, pensa a tutte le volte che la scienza ha scoperto qualcosa nel momento che le ipotesi erano errate. Jim Morrison ci ricorda che l’eroe non è colui che non cade, ma colui che una volta caduto trova il coraggio di rialzarsi. Diciamo che un’ottima pratica è imparare a rialzarsi quando si inciampa, e il fatto che cadiamo ci dice solo che siamo umani, la velocità del rimettersi in piedi racconterà di quanto ci siamo allenati a raggiungere ciò che è importante per noi.
Quando qualcuno, anche il nostro compagno, cerca di controllare il nostro comportamento dicendoci che è sbagliato, prima di tutto ci dobbiamo chiedere cosa è sbagliato. Ricordando che non siamo noi sbagliati, possiamo chiederci se ci sono altri modi di fare più efficaci per noi. Un esempio può essere un compagno che rientra in casa poggiando l’ombrello bagnato all’ingresso e gli viene risposto: “Hai visto che pozza d’acqua hai fatto, ora scoppierà il parquet”.
Risposta assertiva potrebbe essere: “Vedo che c’è la pozza, se scoppierà il parquet mi occuperò di farlo riparare”.
Spesso evitiamo di dire che non sappiamo, scappiamo dal senso di ignoranza che si genera in noi. In questo modo dimentichiamo una delle più famose citazioni della conoscenza tramandate dalla filosofia, infatti Socrate nel 400 a.c. sosteneva di non sapere.
Di nuovo mi piace ricordare come la scienza parte da ipotesi (non conoscenza) per scoprire la realtà e poterla condividere.
Molte persone cercano di fare leva per screditarci sul senso di ignoranza, esempi tipici sul lavoro sono prendere il ruolo del professionista e associarvi delle competenze. Un esempio potrebbe essere: “Tu che sei uno psicologo come fai a non sapere i 10 diritti assertivi?!” Per essere uno psicologo, come un avvocato, un medico, un ingegnere non è necessario conoscere ogni dettaglio; questa cosa è irrealistica.
Capita facilmente di incontrare persone che ci pregano per fare qualcosa. Esempi sono i bambini che ci chiedono di dar loro ancora un minuto per giocare. È facile trovare esempi con gli adolescenti che chiedono e chiedono.
È utile ricordarsi che le nostre azioni devono rispecchiare i nostri valori e le nostre aspettative, i nostri sogni, non rendere felici gli altri. Primo tra tutti questi valori ricordiamoci che noi siamo importanti, non veniamo dopo.
La logica piace molto a noi esseri umani, si definisce un premio interno che ci diamo ogni volta che troviamo un filo conduttore nelle esperienze che facciamo. Ma questa è una grossissima trappola se cerchiamo di mettere assieme cose che per natura non lo sono così tanto. Prime tra queste sono le nostre emozioni. Pensate quando ci innamoriamo cosa non riusciamo a fare! Certe situazioni sono complicate da controllare. La logica funziona solo nel rivedere il passato o progettare il futuro, ma ricordiamoci che non sempre la logica usa tutti i pezzi per comporre il puzzle e può giungere a conclusioni errate.
È facile cadere nel pregiudizio su di noi di essere poco intelligenti, ma questo non serve molto se vogliamo comunicare con gli altri, dove invece serve ripetersi le cose tutte le volte che serve per capirsi.
Immaginate di essere ad un corso e mentre viene spiegata la cosa più importate, quella per cui siete lì, voi non la capite. Ed esattamente in quel momento viene chiesto, se c’è qualcuno che non ha capito. È quello il momento in cui potete scegliere se crescere alzando la mano (sicuramente con un po’ di imbarazzo), oppure rinunciare alla vostra crescita intellettuale facendo finta di nulla.
Hai il diritto di dire “non mi interessa”, Smith insiste molto sul fatto che siamo noi i nostri ultimi giudici, non gli altri (primo diritto assertivo). Se a me piace giocare a basket al posto che a tennis, posso scegliere il primo anziché il secondo. Questo posso farlo anche quando tutti i colleghi del mio studio giocano a tennis, quindi quando c’è una partita posso dire “non mi interessa”.
Altri esempi possono essere pranzi in famiglia dove si può litigare sulla giusta cottura della carne alla griglia. Ma a noi può andare bene qualunque cottura e non ci interessa mettere il termometro dentro la bistecca, anche quando ci viene chiesto uno schieramento.
Riporto sotto l’elenco dei libri con una piccola descrizione del libro:
1. When I Say No, I Feel Guilty: How to Cope, Using the Skills of Systematic Assertive Therapy (1975) (English Edition) L’autore, Manuel J. Smith, un famoso psicoterapeuta americano, ha sviluppato un sistema di metodi e tecniche che consentono alle persone insicure e facilmente controllabili di insistere per le proprie e raggiungere i propri obiettivi in qualsiasi circostanza. Ogni tecnica è descritta in dettaglio e supportata da specifici esempi dal vero. Per una vasta gamma di lettori. Il best seller che ti aiuta a dire: “Ho solo detto ‘no’ e non mi sento in colpa!” Stai permettendo ai tuoi figli di cavarsela con l’omicidio? Stai permettendo a tua suocera di imporre la sua volontà su di te? Sei imbarazzato dalle lodi o schiacciato dalle critiche? Hai problemi a far fronte alle persone? Scopri le risposte in When I Say No, I Feel Guilty, il best seller con nuove tecniche rivoluzionarie per ottenere ciò che vuoi.
2. When I Say No I Feel Guilty: For Managers & Executives: 2 (Inglese) 1 maggio 2000 – Volume II del classico libro sull’allenamento all’assertività. Ripresa dal famoso corso UCLA Business and Management Extension, tenuto dal maestro dell’assertività, il dottor Manuel Smith. Con gli script di formazione originali e gli esercizi per far fronte a colleghi manipolatori, colleghi, capi, rappresentanti esterni e clienti, nonché esperti tecnici. Un approccio semplice e pratico a un elemento essenziale di una buona gestione senza bisogno di tempo per la “cura” o “intuizione” personale. Il tirocinante manager utilizza le competenze apprese il giorno successivo sul lavoro, a casa e nei rapporti d’affari privati. Il seguito del bestseller mondiale pubblicato in tredici lingue con oltre quattro milioni di copie vendute.
3. Yes, I Can Say No: A Parents Guide to Assertiveness Training for Children (Inglese) Copertina rigida , 1 marzo 1989 – Presenta un programma progettato per insegnare abilità sociali assertive ai bambini di età compresa tra sette e diciassette anni, consentendo loro di far fronte alla pressione dei pari, resistere a droghe e alcol e migliorare il rendimento scolastico.
4. Kicking the Fear Habit (Inglese), 1977 Usando il tuo riflesso di orientamento automatico per disimparare le tue ansie, paure e fobie. Sapevi che puoi: Ridurre al minimo la tua paura dell’altezza con gli sfregamenti sulla schiena? Allevia la tua claustrofobia con dolori muscolari, bastoni da passeggio e sesso? Ti rendi meno ansioso per gli animali leggendo e fantasticando? È tutto qui in questo libro straordinario con tutte le nuove tecniche per rompere l’abitudine alla paura; incluse sezioni uniche “cartella di lavoro” con puzzle mentali ed esercizi per aiutarti a superare fobie specifiche. Elimina l’abitudine alla paura Se tu, come milioni di americani, sei emotivamente turbato da queste e / o altre paure comuni e quotidiane, questo libro è per te. La tua fobia può essere realistica o meno. Non importa. Ormai è diventata un’abitudine. Questo nuovo libro dinamico mostra come la paura, come qualsiasi abitudine, possa essere spezzata. “È difficile per te rifiutare quando te lo chiedono; sei d’accordo e poi ti irriti, ti arrabbi con te stesso e con il mondo intero. Ti senti imbarazzato quando elogiato e arrabbiato quando criticato. Tu, un adulto, sei ancora comandato dal tuo…..”.
5. Here Be Dragons: The Psychological Problem, Cause & Cure Hardcover 2001 (Inglese) – Il primo libro del Dr. Smith, When I Say No, I Feel Guilty, è un acclamato bestseller nazionale e mondiale con oltre cinque milioni di copie stampate in quindici lingue. Nel creare tecniche usate in “Colpevole” per insegnare alle persone a rispondere in modo assertivo alle critiche minacciose dei loro desideri da parte di altri che li manipolano emotivamente, il dottor Smith ha sviluppato i metodi più noti, semplici e sistematici per affrontare in modo comportamentale preoccupazioni di ansia astratta, come il senso di colpa. , autostima e rispetto di sé, che costituiscono anche il nodo emotivo fondamentale dei problemi che le persone portano nella psicoterapia tradizionale del discorso.
“Quasi vent’anni fa, al college, subito dopo essere stato congedato dall’esercito, incontrai un uomo onesto e coraggioso. Joe era un giovane professore allora e io ero uno dei suoi studenti. Ha insegnato psicologia quando l’ho incontrato, e lo fa ancora. L’ha insegnato in uno stile duro, ostinato e aperto. Non ha lasciato ai suoi studenti nessuna delle loro nozioni ingenue sulla disciplina della psicologia. Si rifiutava di dare le spiegazioni previste per aberrazioni morbosamente interessanti o anche per le banali normalità della mente umana, del comportamento o dello spirito motivante. Al posto delle complicate teorie sul perché ci comportiamo in un certo modo, ha sottolineato la semplicità. Per lui, era sufficiente descrivere come funzionavano le cose psicologicamente, e che funzionavano, usando semplici supposizioni, esortandoci a lasciar perdere. Ha sostenuto la ferma convinzione accademica che il 95% di ciò che viene assecondato come teoria psicologica scientifica è pura spazzatura e che ci vorrà molto tempo prima che conosciamo veramente i nostri meccanismi di base abbastanza bene da spiegare completamente la maggior parte di ciò che vediamo. Il merito dell’argomentazione di Joe è tanto convincente quanto lo era vent’anni fa … e sono d’accordo!
Le spiegazioni tecniche o mistiche prolisse sono spesso intriganti e persino letterarie, ma non solo non sono necessarie, ma in realtà complicano senza aggiungere un filo alla nostra comprensione. Per utilizzare ciò che la psicologia ha da offrire, è più importante sapere cosa funzionerà, non perché funzionerà. Ad esempio, nel trattamento dei pazienti, trovo che sia tipicamente inutile concentrarsi molto sul motivo per cui un paziente è in difficoltà; che tende ad essere la masturbazione accademica e può andare avanti per anni senza risultati benefici. Potrebbe anche essere dannoso. È molto più vantaggioso concentrarsi su ciò che il paziente farà riguardo al suo comportamento, piuttosto che capire perché si comporta cosi! Joe ha persino portato via qualsiasi idea che avevamo sugli psicologi come i nuovi, onniscienti, sommi sacerdoti del comportamento umano brontolando in classe: “Odio gli studenti che fanno domande a cui non posso rispondere!”. Come puoi immaginare, il carattere di Joe fuori dall’aula non era molto diverso e, nonostante fosse un esperto di comportamento umano, aveva la sua parte di problemi con altre persone. Joe aveva già abbastanza problemi oltre a quelli che gli facevo lamentare con entusiasmo ogni semestre dopo aver assegnato i voti: “Questi studenti si lamentano sempre di avere troppi problemi personali da studiare. Non riescono a far fronte ai problemi? Se non hai avuto problemi, non hai ancora vissuto! ”
Quando ho conosciuto Joe nel corso degli anni come amico intimo e collega esperto di comportamento umano, si è scoperto che aveva gli stessi problemi con altre persone che avevo io, e più o meno nella stessa proporzione. Man mano che conoscevo sempre più esperti di comportamento umano in psicologia e psichiatria, ho scoperto che anche loro avevano problemi nel far fronte. Il titolo di “Dottore” e la conoscenza che lo accompagnava, non ci hanno esentati dal provare gli stessi problemi che abbiamo visto nei nostri parenti, vicini, amici e persino nei nostri pazienti, indipendentemente dalla loro occupazione o istruzione. Come Joe, come altri psicologi e non psicologi, abbiamo tutti problemi con le altre persone.
Quando i nostri mariti, mogli, amanti sono infelici per qualcosa, hanno la capacità di farci sentire in colpa senza nemmeno parlarne. Un certo sguardo lo fa, oppure una porta che si chiude un po ‘troppo rumorosamente che annuncia un’ora di silenzio, o una gelida richiesta di cambiare emittente televisiva. Joe una volta si è lamentato con me: “Sarò dannato se so come possono farlo, o perché rispondo in quel modo, ma in qualche modo finisco per sentirmi in colpa, anche quando non c’è nulla di cui sentirsi in colpa!” I problemi non si limitano a quelli forniti dai nostri compagni. Se i genitori e i suoceri vogliono qualcosa, hanno il potere di far sentire i figli e le figlie adulti come bambini piccoli ansiosi, anche dopo aver avuto figli. Tu ed io sappiamo fin troppo bene quale sia la risposta viscerale al silenzio di una madre al telefono; o lo sguardo di disapprovazione di un suocero; o un suggerimento da parte di mamma o papà come: “Devi essere molto occupato ultimamente. Non ti vediamo più “, oppure “C’è un bell’appartamento in affitto nel nostro quartiere. Perché non vieni domani sera e lo guarderemo tutti”. Come se dover affrontare quei conflitti che annodano lo stomaco, non fosse abbastanza per farci interrogare su noi stessi, abbiamo anche problemi con le persone al di fuori delle nostre famiglie.
Ad esempio, se il meccanico fa un cattivo lavoro di riparazione sulla tua auto, il gestore del garage ha le conoscenze per spiegare in dettaglio perché il tuo radiatore si surriscalda ancora dopo aver pagato $ 56 per ripararlo. Nonostante la sua capacità di farti sentire ignorante riguardo alla tua macchina e marcio perché in qualche modo non se ne prende più cura, c’è ancora il fastidioso disagio che una giornata di lavoro onesto per una giornata di paga non si applica qui. Anche i nostri amici causano problemi. Se un amico suggerisce qualcosa da fare per l’intrattenimento serale che non ti piace, la risposta quasi automatica è quella di inventare una scusa, devi mentire in modo che il tuo amico non si ferisca, ma allo stesso tempo si senta come un colpevole di nascosto per averlo fatto! Non importa cosa facciamo tu o io, altre persone possono causare problemi dopo problemi.
Molti di noi hanno la convinzione irrealistica che dover convivere con i problemi giorno dopo giorno sia uno stile di vita malsano o innaturale. Non così! La vita ci presenta tutti dei problemi. È del tutto naturale. Ma molto spesso, a causa della convinzione irrealistica che una persona sana non abbia problemi, potresti sentire che lo stile di vita in cui siamo tutti coinvolti non vale la pena vivere. La maggior parte delle persone che conosco bene dalle sessioni di terapia sviluppa questa convinzione negativa. Ma non è il risultato di avere problemi, è il risultato di sentirsi inadeguati a far fronte ai nostri problemi e alle persone che li presentano. Nonostante sentimenti simili in me stesso quando riesco a far fronte male, la somma di tutta la mia esperienza come psicologo si ribella all’idea che gli esseri umani siano specie geneticamente obsolete progettate per un’età più precoce quando le cose erano più semplici. Sciocchezze! Non accetto che siamo dei perdenti che non possono vivere felicemente la nostra vita quotidiana e far fronte adeguatamente a questa era spaziale industrializzata, urbanizzata e sanificata. Invece, ho una visione diversa e più fiduciosa dalla mia esperienza; dalla mia lettura professionale; da quello che mi è stato insegnato e dai miei insegnamenti; dalla mia ricerca in laboratorio e in clinica; dalla formazione delle persone ad affrontare i problemi della vita; dall’entrare nella comunità e dover ricoverare centinaia di persone contro la loro volontà semplicemente perché non sapevano come affrontare le altre persone; e dal trattamento clinico dei disturbi psichiatrici più lievi a quelli più bizzarri e pericolosi.
Mettere tutte queste esperienze in prospettiva con un’osservazione naturalistica delle migliaia di altri umani incontrati nella mia vita suggerisce una conclusione più solida e realistica: non solo è naturale aspettarsi che avremo problemi nella vita, è anche naturale aspettarselo tutti abbiamo la capacità di affrontare adeguatamente questi problemi. Se non avessimo una capacità ereditaria di far fronte a tutti i tipi di problemi, gli esseri umani come specie si sarebbero estinti molto tempo fa. Contrariamente a quello che ci dicono alcuni profeti del giorno del giudizio, noi umani siamo gli organismi biologici di maggior successo, più adattivi, più intelligenti e più resistenti mai usciti dal tavolo da disegno evolutivo della natura.
Se riusciamo a credere alle prove e alle conclusioni generali che antropologi, zoologi e altri scienziati ci pongono, possiamo vedere che secoli fa, su questa terra ebbe luogo una lunga lotta evolutiva. In questa lotta, la famiglia genetica dei nostri antenati umani e animali gareggiava con altre specie per la sopravvivenza nei termini duri stabiliti dalle forze ecologiche della natura. Non solo i nostri antenati sopravvissero in queste condizioni competitive, ma prosperarono. Siamo sopravvissuti e abbiamo prevalso mentre altre specie si sono estinte o sono in via di estinzione, perché siamo fisiologicamente e psicologicamente costruiti per sopravvivere in tutte le condizioni. I nostri antenati primitivi sono sopravvissuti, non nonostante i problemi. Grazie a loro, ci siamo sviluppati come esseri umani da una serie di animali, che hanno sviluppato la capacità di affrontare con successo i problemi in tempi difficili e in un ambiente difficile. Con questa capacità, non solo abbiamo conquistato la nostra terra, il nostro ambiente e non abbiamo trovato nessun’altra forma di vita che possa essere paragonata a noi in termini di nostra grande capacità di affrontare le difficoltà, stiamo iniziando un processo per la sopravvivenza delle generazioni future.”
1. Substituting verbal persistence for silent passivity. The systematic skill of BROKEN RECORD.
2. Smith, M. J. (1975). When I say no, I feel guilty. Bantam books
3. Смит Мануе, ТРЕНИНГ УВЕРЕННОСТИ В СЕБЕ, 2002
4. Как научиться говорить “Нет” и чувствовать себя при этом комфортно Мануэль Дж. Смит, 1996, Ozon ru 5. https://www.livelib.ru/author/181148/top-manuel-dzh-smit 6. http://flibusta.site/.ru 7. https://antonkim.ru/blog/rss/
5. Anchisi, R., & Dessy, M. G. (2013). Manuale di assertività: teoria e pratica delle abilità relazionali, alla scoperta di sé e degli altri. F. Angeli.
Altre fonti bibliografiche:
– https://www.latimes.com/archives/la-xpm-2007-may-18-me-passings18.1-story.html
– https://en.wikipedia.org/wiki/Assertiveness#cite_note-1
– https://it.wikipedia.org/wiki/Assertività
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