Perché ci piace la musica triste?

musica triste

Perché ci piace ascoltare la musica triste nonostante la tristezza sia un’emozione spiacevole? Oscar Wilde, pianista amatoriale, scriveva: “ Dopo aver suonato Chopin, mi sento come se avessi pianto per peccati che non ho  mai commesso e per tragedie che non sono mie”. Perché un’esperienza di questo tipo risulti piacevole e venga addirittura ricercata da musicisti, compositori e ascoltatori, se lo sono chiesti in molti.

Cos’è la tristezza?

Premettendo che le emozioni possono essere indotte dalla musica attraverso vari meccanismi, la tristezza indotta dalla musica non è un’emozione unica e dai contorni ben definiti, ma piuttosto è caratterizzata da uno spettro di sfumature emotive che vanno da esperienze molto intense, ma piacevoli, di commozione, al provare un senso di rilassamento e di conforto, oppure ad emozioni molto intense e negative come il dolore causato dal lutto.

Ci sentiamo tristi generalmente quando abbiamo la percezione di non essere capaci di raggiungere un determinato obiettivo o una condizione di piacevolezza. Tra le possibili cause della tristezza ci sono il lutto, la separazione dalle persone significative, la fine di una relazione d’amore, la perdita del lavoro, l’esclusione sociale e le mancate opportunità di partecipare ad attività piacevoli.

Generalmente pensiamo che la tristezza sia un’emozione pessimistica e che ci blocca; tuttavia i ricercatori suggeriscono l’utilità della tristezza: abbiamo una visione molto più realistica quando siamo tristi – un fenomeno chiamato realismo depressivo – rispetto a quando siamo felici. La tristezza infatti incoraggia un modo di pensare orientato ai dettagli, riduce gli errori grossolani che comporta il giudizio, si lascia meno influenzare dagli stereotipi e comporta un’accuratezza maggiore nei ricordi.

La tristezza influenza il comportamento: quando ci sentiamo tristi, tendiamo ad essere più gentili e generosi, probabilmente per ottenere un supporto reciproco e generosità da parte degli altri o per alleviare la tristezza in modo indiretto contribuendo al benessere degli altri.
Comprese le funzioni della tristezza, è già possibile intuirne l’utilità per fermarsi, riflettere, rielaborare informazioni in una prospettiva nuova e costruttiva. Analizziamo però cos’hanno scoperto i ricercatori che se ne sono occupati.

Perché la musica triste ci aiuta?

Le persone spesso ascoltano musica triste quando si sentono sole e dichiarano di fare questa scelta perché ascoltare musica triste li aiuta a sentirsi capiti, emotivamente supportati e meno soli. In particolare, la ricerca di una musica congruente con l’emozione che stanno provando, li aiuta a mantenere la connessione con la persona che hanno perso.

Facendo una panoramica della letteratura presente sul tema, la musica triste:

  • ha effetti di auto-regolazione e funge da strategia di coping delle emozioni difficili
  • aumenta l’accettazione degli eventi spiacevoli e indesiderati
  • aiuta a contattare i propri sentimenti e i propri pensieri, anche attraverso il rivivere ricordi
  • incrementa la tendenza a vagare coi pensieri.
Alcuni ricercatori sostengono che questa strategia di coping è possibile perché la musica ricrea un “ambiente virtuale sicuro” all’interno del quale la persona può vivere l’emozione e le sensazioni di dolore imparando a gestirle e avendo la sensazione di poterle controllare.

Differenze individuali in chi ama la musica triste

Non a tutti piace la musica triste. Alcuni riportano sentimenti spiacevoli ascoltando musica triste, mentre altri dichiarano che sia la loro musica preferita. Questo sembra legato al fatto che esistono differenze individuali che possono contribuire alla risposta individuale alla musica triste.
Innanzitutto, alcune ricerche suggeriscono che le donne sono più consapevoli degli stati emotivi che derivano dall’empatia con gli altri, per cui è più probabile che siano commosse durante l’ascolto di musica triste. Inoltre, il piangere è soggetto a una serie di regole culturali, per cui alle donne culturalmente sarebbe concesso maggiormente di piangere rispetto agli uomini.
Oltre al genere, anche la personalità è importante nella risposta la musica triste. Uno studio di Eerola del 2016 ha dimostrato che la musica triste può evocare un intenso senso di commozione nelle persone empatiche.
L’empatia è il risultato di alcuni processi cognitivi ed emotivi che permettono alle persone di sentire e comprendere cosa un’altra persona sta sperimentando. Le persone definite empatiche hanno un livello di base di abilità empatica più alto rispetto alle persone non empatiche, quindi hanno una maggior sensibilità agli stati affettivi degli altri.
Quando ascoltiamo musica triste si attivano le aree del cervello legate all’empatia, come se la tristezza espressa dallo stimolo sonoro musicale provenisse da una persona virtuale che in quel momento sta esprimendo il suo dolore. Questa persona virtuale a volte è una persona immaginata, altre volte è il musicista o il compositore del pezzo. In quest’ultimo caso, l’ascolto della musica può essere accompagnato dall’immaginare una vera e propria narrazione con cui l’ascoltatore può identificarsi. Capita anche di empatizzare con la vita del musicista o del compositore del pezzo, nei casi in cui si conosce. Uno studio in particolare ha dimostrato che quando si conosce la storia personale del compositore, aumenta l’esperienza emotiva durante l’ascolto e si attivano maggiormente le aree del cervello legate all’empatia.

Pianto di conforto e prolattina

Un’interessante prospettiva sul perché ci piace la musica triste è stata offerta da Huron che ha ipotizzato che l’ascoltare musica triste promuove il rilascio di prolattina, che allieva il dolore mentale della perdita. La prolattina è un ormone peptidico associato alla produzione del latte. La prolattina, però, è rilasciata anche in molte altre circostanze, sia nei maschi che nelle femmine, in particolare viene prodotta quando piangiamo in concomitanza col provare sentimenti di dolore. La prolattina, oltre a promuovere la produzione del latte materno, ha effetti psicologici rilevanti: suscita sentimenti di tranquillità, calma, benessere e consolazione – in altre parole, la prolattina ci fa sentire bene.
Dal momento che la prolattina produce un effetto di conforto, il suo rilascio in risposta al dolore, alla tristezza e ad altre forme di stress ha una funzione di omeostasi. Quando viene sperimentato il dolore psicologico, la prolattina lo attenua, limitandolo e prevenendo che il dolore si intensifichi in modo incontrollabile.
Questo spiegherebbe perché piangere durante l’ascolto di un brano musicale triste risulterebbe piacevole.

Per citare Oliver Sacks “La musica può trafiggere direttamente il cuore; non ha bisogno di mediazione. Non serve conoscere direttamente Didone ed Enea per essere mossi dal suo lamento per lui; anche chi non ha mai perso nessuno sa quello che Didone sta esprimendo”. Non è un caso se ci piace la musica triste: come ci ricorda Mithen, archeologo che ha indagato lo sviluppo della musica e del linguaggio, dall’alba dei tempi i canti tristi consolavano i nostri antenati per la perdita dei loro cari e facevano, così, fronte alle difficoltà che la vita poneva loro davanti. Questa funzione della musica ci aiuta ancora oggi ad affrontare la perdita e il cambiamento, dandoci sollievo e aiutandoci a vedere nuove possibilità laddove quelle vecchie non sono più percorribili.

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Bibliografia

Eerola, T., Vuoskoski, J. K., & Kautiainen, H. (2016). Being moved by unfamiliar sad music is associated with high empathy. Frontiers in psychology, 1176.

Huron, D. (2011). Why is sad music pleasurable? A possible role for prolactin. Musicae Scientiae15(2), 146-158.

Lench, H. C., Lench, H., & Ryan. (2018). Function of emotions. Cham: Springer.

Mithen, S. J. (2006). The singing Neanderthals: The origins of music, language, mind, and body. Harvard University Press.

Schäfer, K., Saarikallio, S., & Eerola, T. (2020). Music may reduce loneliness and act as social surrogate for a friend: evidence from an experimental listening study. Music & Science3, 2059204320935709.